La Accademia Europea di Firenze se enorgullece en anunciar que una de sus estudiantes, Fayrah Stylianopoulos de Elon University, ha participado en la segunda edición del concurso literario “Grand Tour: Stories About Florence and Italy”, promovido por AACUPI (Association of American College and University Programs in Italy) en colaboración con el Gabinetto Scientifico Letterario G. P. Vieusseux.
El concurso invita a los estudiantes internacionales que estudian en Florencia a compartir su experiencia en Italia a través de un texto narrativo o autobiográfico, escrito en inglés y en italiano. Es una oportunidad única para entrelazar la vivencia personal con el descubrimiento cultural, lingüístico y humano que caracteriza toda experiencia de estudio en el extranjero.
La historia de Fayrah es un viaje interior por la Florencia de la lluvia, la belleza efímera y los encuentros inesperados. Es un relato de transformación y reconocimiento, donde la ciudad se convierte en espejo del alma y guardiana de recuerdos que resurgen entre los pliegues del presente. Con un estilo íntimo y poético, Fayrah logra revelar lo que a menudo permanece invisible: emociones profundas, conexiones silenciosas y los pequeños detalles que hacen único cada instante.
Nos complace compartir aquí su relato, testimonio del poder evocador del lenguaje, del arte y de la cultura vividos desde dentro, como solo puede transmitirlo una estudiante que vive y aprende en el extranjero.
Dopo tutta la bellezza di ieri: piove, piove, sempre piove.
Con chiarezza, questa frase emerse, ansimante, dal mare dei miei pensieri. La pesantezza
dell'aria umida e della terra me lo sussurrò di nuovo, come aveva fatto per mesi ogni volta che
pioveva. La frase era sacra perché era stata la prima a nascermi in italiano. Era sorta all’alba
mentre uscivo dal mio pessimo parcheggio e osservavo i tergicristalli squarciare con furia
energica i veli di pioggia. Allora ero ancora in America, innamorata, sospirante, sorridente. I
pensieri in inglese cadevano a torrenti: passioni, reazioni, preoccupazioni su ciò che era o
avrebbe dovuto essere. I miei pensieri in italiano erano per necessità, poesia deliberata. Ci voleva
più tempo perché le parole si rivelassero, per emergere dal grembo del mio subconscio.
Ora ero raggomitolata su una sedia, sorseggiando una tazza di tè fumante. Nonostante
l'ora ormai tarda del pomeriggio, la fila davanti alla schiacciateria sottostante si snodava lungo la
strada, serpeggiando attraverso la foschia. Avevo il naso congestionato, il dolore sordo della
pressione sinusale ancora presente dopo mattine precoci, giornate piene e notti tardive. Mi
sentivo straniera nella mia stessa pelle. La porta si aprì, strappandomi alla mia rêverie. Laura era
tornata, la borsa ancora bagnata dalla pioggia. Su suo suggerimento, decidemmo di vagare un po’
prima della lezione, alla ricerca di qualcosa di dolce. Lungo vicoli stretti e lucidi di pioggia,
passammo davanti a negozi scintillanti e venditori ambulanti intenti a esporre la loro merce.
Cosa avrei dovuto comprare? Pensai al gelato, ammucchiato su coni—torri pericolanti di
cioccolato e stracciatella—altra bellezza in vendita. Laura mi chiese dove volessi andare; il peso
della decisione era un'incudine. Le dissi che avevo voglia di piangere.
Ciò che vidi dopo fu meraviglioso. Sotto il cielo aperto, un vecchio sedeva a gambe
incrociate su una coperta fradicia. Un libro tascabile riposava tra le sue mani, e lui ne voltava le
pagine inzuppate con attenta riverenza. Una mano guantata lo teneva; l’altro guanto giaceva
accanto a lui, con file ordinate di monete da 10 e 20 centesimi adagiate sopra. Quando lo vidi, la
pioggia cadeva intorno a noi, ma non tra di noi. Espressi il desiderio di dargli qualcosa. Laura
sorrise e, dalla sua giacca, tirò fuori una moneta. La posai sul suo guanto, e ce ne andammo.
Dopo le lezioni, Laura e io ci godemmo una passeggiata verso casa sotto un cielo scuro
che cresceva di suoni. Il cantante eseguì più volte le stesse arie, riversando la sua voce nella
notte. Che meraviglia per i turisti, che perfetto venerdì sera italiano per loro, che cosa pittoresca.
Che soggiorno ideale in Italia doveva essere appena iniziato, o forse stava finendo, o scorrendo
nel tempo. Una bellezza simile poteva mai esistere per se stessa?
Nulla cura un cuore pesante come un buon pasto. Laura e io cucinammo, mangiammo,
giocammo a carte e trascorremmo una serata davvero piacevole insieme. Poi, mi ricordai della
moneta e insistetti per restituirle il denaro, ma lei si rifiutò categoricamente. Ostinata, corsi nella
sua stanza e infilai un’intera manciata di monete in un vaso sullo scaffale. Ridendo, lei lo
recuperò. Con nostra grande sorpresa, il suo contenuto includeva vari tesori; tra questi, una
minuscola chiave. Quella chiave ci affascinò particolarmente e ci mettemmo subito alla ricerca di
una serratura promettente, ma senza successo. Sconfortate, andammo a dormire. Ma io tenni la
chiave.
Mi sdraiai nel letto, aggrappandomi agli ultimi attimi di freschezza tra le lenzuola prima
che svanissero. Fissavo il soffitto, rigirando la chiave nella mia mente. A cosa apparteneva?
Anch’io ero una chiave senza una serratura, oppure ero la serratura, in silenziosa attesa di quel
frammento perduto che un giorno mi avrebbe aperta.Ogni muscolo del mio corpo si tese. Mi alzai come in un sogno. Con la chiave, uscii nel
corridoio. C’era il tavolo. C’era il tavolo, e scostai la tovaglia. Nel tavolo, nascosto dal tessuto,
c’era un cassetto, e nel cassetto, inciso nel legno, un piccolo foro. La chiave entrò alla perfezione
e scattò con un clic. Una voce dentro di me gridò di trionfo. Dentro, c’erano pagine su pagine di
lettere racchiuse in buste. Tutte erano indirizzate a Fiammetta I. e risalivano a decenni fa.
Afferrai la prima che vidi.
Mia adorata Fiammetta,
Piove mentre ti scrivo; il cielo fa l’amore con il mare. Ti penso nel loro abbraccio. Non
so come amarti da lontano. Ma la pioggia continuerà a cadere, e io continuerò a scrivere. Ma la
pioggia continuerà a cadere, e io continuerò a scrivere.
Desideravo continuare, ma i miei occhi diventavano così pesanti. Lessi la stessa frase due
volte e infine decisi di tornare su di essa durante il viaggio in treno verso Lucca il giorno
seguente.
Quando mi svegliai, passarono circa tre secondi assonnati prima che ricordassi le lettere e
quel giorno portai alcune di esse alla stazione. Durante il nostro cammino, sentivo lo sguardo di
uomini su di me e Laura. Non avevo mai provato una consapevolezza così pungente del mio
corpo. Ero qui, in questa città di bellezza incredibile, una bellezza che compravo e prendevo in
prestito, ma ora mi chiedevo cosa stessi vendendo. Bella studentessa americana, cosa
contribuisci all'eredità di queste antiche transazioni, dove bellezza e desiderio si scambiano
come fiorini? Qual è la tua offerta?
Ma con mia grande sorpresa, c'era di nuovo il lettore! Era accompagnato da un altro
senzatetto, accovacciato sotto un portico, che teneva al guinzaglio due dei cani più belli che
avessi mai visto—ben curati e lucenti, con le code che scodinzolavano e le bocche aperte in
sorrisi pigri. Il loro padrone allungò il piatto verso di loro, e loro lo presero con gratitudine.
Mentre si muovevano, notai un cartello appoggiato contro il muro.
Sono malato. Per favore aiutatemi. :)
Perdemmo il treno. Mentre tornavamo a casa, lessi una lettera ad alta voce:
Amore mio,
Permettimi di cantarti, sposa mia, come la notte canta alle stelle.
Passammo di nuovo accanto al lettore, ai cani e al loro padrone.
Tu sei tutte le cose dolci e sagge. Cosa darei per essere l'aria che tocca la tua pelle?
Mettiemi come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio. Perché l'amore è forte come la
morte. Molte acque non possono spegnere l'amore, né i fiumi lo annegano.
Rivoltata, svuotai il mio portafoglio dei soldi che avevo destinato per Lucca quel giorno e
li diedi tutti all'uomo malato. Mentre leggevo, vidi gli occhi del lettore saltare per incontrare i
miei, e quando mi voltai, erano fissi sulla lettera.
L'Arno alla mia destra, ricordai la mia omonima e questi stessi passi che lei percorreva
affiancata dalle sue damigelle. In un dipinto che avevo visto una volta, Dante Alighieri laguardava, rapito, con un'espressione stoica resa desiderante dalla mano che stringeva il suo
cuore. Immaginai Beatrice come doveva essere apparsa a Dante quando avevano nove anni, in
qualche fatale giorno di primavera, e mi chiesi cosa significasse essere l'amante di Firenze.
Beatrice non era l'oggetto dell'amore eterno, ma il suo soggetto eterno, e mi resi conto di avere
tutto l'amore del mondo da dare.
La domenica, mi svegliai con le grida provenienti dalla discoteca fuori. Mentre mi lavavo
i denti, improvvisamente c'era silenzio. C'era un momento ogni mattina, solo pochi secondi,
quando i festaioli erano andati a letto, prima che i negozi aprissero, quando tutti dormivano. Lo
adoravo.
In chiesa quella mattina, le icone mi fissavano con espressioni serene. L'incenso riempiva
il mio naso. Uscì con un rinnovato senso di gioia. E c'era il lettore, libro in mano. Mi vide, e il
suo volto si contorse con un riconoscimento struggente.
“Fiammetta?”
Il peso di tutto mi travolse come un'onda. Raccoglievo le lettere con mani tremanti, il
respiro corto, lui le prese da me. In quel momento, tutto il tempo passato si svelò nelle pagine.
Lui lesse e i suoi occhi si riempirono di lacrime.