Innamorarsi a Firenze è “dolce”. Parola di Dante!

san valentino a Firenze

San Valentino è alle porte e ogni occasione è buona per parlare d’amore e, perché no, organizzare qualche fuga romantica. Per chi vive e studia nella nostra splendida città non è un mistero che Firenze sia un luogo magico in cui trascorrere la festa degli innamorati, tra passeggiate sul Ponte Vecchio e panorami mozzafiato dal piazzale Michelangelo. Ma c’è molto di più!

A Firenze non esiste piazza, lungarno o architettura che non sia permeato dallo spirito più poetico dell’amore, quello spirito gentile cantato da Guido Cavalcanti e Dante Alighieri, ispiratori del Dolce stil novo.

Tra il 1280 e il 1310, infatti, il capoluogo toscano fu la città in cui questa corrente letteraria si affermò e proprio passeggiando in Santa Croce, allo sguardo severo del Sommo poeta, sembrano ancora risuonare le “rime d’amor dolci e leggiadre” che diedero vita alla grande tradizione della lirica d’amore italiana, sviluppata in seguito altrettanto meravigliosamente dal Petrarca.

Chi studia e ama l’italiano conoscerà senz’altro le “Rime” di Cavalcanti e i sonetti danteschi come “Tanto gentile e tanto onesta pare”, ma forse non tutti sanno che fu proprio Dante a coniare il termine “Dolce stil novo”, per discostarsi dalla tradizione della scuola siciliana e siculo-toscana rappresentate rispettivamente da Jacopo da Lentini e Guittone d’Arezzo.

Quella stilnovista fu una vera e propria avanguardia letteraria, infatti, sia per la tematica trattata – quella d’amore in maniera quasi esclusiva – sia per lo stile adottato “dolce” e “novo”. Un corredo linguistico musicale e melodioso, con una metrica elegante e densa di figure retoriche declinate in sonetti, ballate e canzoni, in un volgare “illustre”.

Nel canto XXIV del Purgatorio Dante, dialogando con Bonagiunta Orbicciani, descrive proprio queste scelte poetiche, distanziandosi dalla tradizione guittoniana in due terzine che rappresentano una sorta di manifesto della nuova scuola fiorentina: «E io a lui: ”I' mi son un che, quando / Amor mi spira, noto, e a quel modo / ch'e' ditta dentro vo significando”. / “O frate, issa vegg'io", diss'elli, "il nodo / che 'l Notaro e Guittone e me ritenne / di qua dal dolce stil novo ch'i' odo!” ». («Gli risposi: “Io sono uno di quei poeti che quando Amor mi ispira annoto ciò che egli – l’Amore – mi suggerisce per poi esprimermi nello stesso modo in cui mi detta interiormente”. “O fratello, ora comprendo” disse lui [Bonagiunta] “il nodo che bloccò il notaio [Jacopo da Lentini], Guittone e me al di qua del dolce stil novo che ora ascolto!”.

Il precursore di questa tradizione letteraria va però identificato nel bolognese Guido Guinizzelli con la canzone “Al cor gentil rempaira sempre amore”, che proprio Dante incontrerà due canti dopo, nel XXVI del Purgatorio, e chiamerà “padre mio”.

Centrale nella lirica stilnovista è la figura della donna, figura incorporea che sembra appartenere ad una dimensione ultraterrena. Un significante che trascende, oltrepassandole, le rappresentazioni e le fisionomie dell’amor cortese: qui trasfigurata in sembianze d’angelo, la donna è una vera e propria emanazione divina e salvifica, attraverso la quale il poeta raggiunge la beatitudine. «Ella si va, sentendosi laudare, / benignamente d'umiltà vestuta, / e par che sia una cosa venuta / da cielo in terra a miracol mostrare» [Dante, Vita nova, Cap XXVI].

Che siate in coppia o single, amanti corrisposti o meno, innamorarsi di Firenze è molto semplice, ve lo possiamo garantire, e San Valentino è senza dubbio l’occasione giusta per buttarsi a capofitto nei capolavori della sua tradizione letteraria.

Cosa state aspettando?