Protagonisti a Firenze: Edith Wharton

Edith Wharton: Ville e giardini italiani

“Da secoli Firenze viene celebrata per le sue colline ricoperte da ville” si legge nel celebre “Ville e giardini italiani”, piccolo ma puntuale trattato scritto nei primi del Novecento da Edith Wharton. Ed è proprio così: studiare italiano a Firenze consente non solo di avere la fortuna di vivere in una città di immortale bellezza, ma offre anche numerose opportunità per esplorare il cuore della Toscana.

A qualche chilometro dalla città ci si trova infatti catapultati in un paesaggio incantevole dove è facile abbandonarsi al lirismo, ispirato dal Genius Loci che popola da centinaia di anni questi scenari. Un fraseggio di morbidi pendii, punteggiato da ville che vi si incastonano perfettamente, con i loro giardini e le loro residenze, minuziosamente descritte proprio dalla Wharton. Le ville fiorentine meritano un capitolo a parte nel tomo del 1905. Tra le preferite dell’autrice, c’è indubbiamente Villa Gamberaia, un’elegante residenza nei dintorni di Settignano, vicino Firenze.

Viaggiatrice instancabile, l’autrice de “L’Età dell’Innocenza” è una tra gli innumerevoli intellettuali a rimanere letteralmente rapita dal fascino della Toscana. Fascinazione che tratteggia in alcune delle sue opere, come ad esempio negli “Italian backgrounds”, volume che attraversa tutta la penisola, a caccia dei luoghi più armoniosi del Belpaese. Un’aperta antitesi rispetto ai maestosi scenari del Grand Tour, pratica che qualche decina d’anni prima preconizzava quello che sarebbe diventato qualche secolo più tardi, invece, il turismo di massa

Non è tutto: la Wharton non si limita a riportare pedissequi itinerari di viaggio, alla stregua di semplici diari di bordo. Non solo poetessa e autrice di romanzi, quindi, ma anche pioniera di interior e garden design: la sua è una trattatistica per certi versi tecnica, che celebra l’armonia tra paesaggio e architettura. Una visione incredibilmente moderna che ha anticipato discipline come la progettazione sostenibile, o ancora l’architettura organica del geniale Frank Lloyd Wright nella quale intervento antropico ed ecosistema si integrano plasticamente.

Elaborati dalla pregevole sensibilità artistica dell’autrice newyorchese, prima donna nella storia ad aggiudicarsi un Premio Pulitzer nel 1921, i riferimenti all’armonia dei luoghi si sprecano. Memorabile negli “Scenari italiani”, un passo di poetica suggestione che descrive il tragitto da San Gimignano a Castelfiorentino: “le colline, che nel bagliore di mezzogiorno si stagliano con decisione, al tramonto appaiono delicatamente modellate al punto tale da assomigliare ad un mare argenteo in cui le sommità delle onde più lontane si confondono coi flutti di una nebbia luminosa. Anche ciò che compare più dettagliato in primo piano sembra assumere un’aria immateriale. Campi, siepi e cipressi circondati da una luce aurea che ricorda le increspature dorate nella Nascita di Venere del Botticelli”.